Alle falde dell’Aspromonte ed affacciata sulla Piana di Gioia Tauro sorge Varapodio, centro reggino a poca distanza dal mare e dalle vette delle montagne. Fondata a circa 3 km di distanza dall’odierno centro storico, in una zona più bassa rispetto a quella attuale, la città si sviluppò a partire dalla seconda metà del X secolo d.C. attorno alla chiesa di un monastero basiliano che si ipotizza sia stato edificato nella località oggi detta ‘Salvatore’: è probabile che questa denominazione si riferisca proprio al monastero. La collocazione geografica del tempo era perfetta: il territorio era ricco di risorse naturali, il mare era nelle immediate vicinanze e si potevano sfruttare le acque del fiume Marro, presso il quale il primo casale (cioè ‘gruppo di case’) era stato costruito. All’epoca la cittadina aveva il nome di Marrapodi, che subì numerose modificazioni nel corso dei secoli sino a divenire l’odierno Varapodio. Il cambiamento più intenso fu però il forzato trasferimento del XVII secolo nell’attuale zona del centro storico: le coste calabresi erano infatti divenute sempre meno sicure a causa delle razzie dei pirati islamici, che non di rado seminavano distruzione e morte nelle località litoranee che decidevano di attaccare. Ai pirati si aggiunsero i terremoti, che resero del tutto inagibile la vecchia città: l’opera di ricostruzione fu imponente e risultò fondamentale nell’affrontare i successivi eventi sismici che interessarono questa regione. Dopo secoli sotto l’egida di Oppido Mamertina, Varapodio divenne comune autonomo con l’abolizione del diritto feudale nel 1811.
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