I Bronzi di Riace
La storia delle due statue bronzee di Riace
I famosi Bronzi di Riace sono una coppia di statue maschili di bronzo, di provenienza greca, riconducibili al V secolo a.C., che hanno presentato sin dal primo ritrovamento un eccezionale stato di conservazione.
I due Bronzi sono stati rinvenuti il 17 agosto 1972, del tutto casualmente da un giovane subacqueo amatoriale, Stefano Mariottini, nei pressi di Riace in provincia di Reggio Calabria: nuotando a circa 300 metri dalla riva, ad una profondità di un decina di metri, il sub, alla ricerca di qualche polipo, si imbatté in qualcosa di molto più prezioso. Le due statue, infatti, sono giustamente annoverate tra i capolavori scultorei più significativi del periodo ellenico, e tra le poche testimonianze dei grandi maestri del mondo greco classico giunte sino a noi: ciò le rende opere dal valore inestimabile, per rarità e perfezione tecnica.
Inizialmente i Bronzi ritrovati a Riace furono identificati con le lettere A e B: si cercò a lungo per i fondali del Reggino, nel tentativo di scoprire eventuali altre statue nascoste dai secoli, ma vanamente. La fama dei Bronzi di Riace crebbe esponenzialmente dopo il 1980, allorché terminò la delicata fase di pulitura e di restauro per opera dell’Opificio delle Pietre dure presso Firenze. Nel Museo Archeologico del Capoluogo toscano venne quindi preparato un allestimento in pompa magna per far conoscere al mondo i due tesori regalati dal mare di Riace. Sarebbero stati necessari ulteriori interventi a metà degli Anni Novanta – tra cui lo svuotamento della sabbia contenuta al loro interno, circa 60 kg per statua – ma a partire da quella prima esposizione i Bronzi divennero il simbolo di Reggio Calabria e della Magna Grecia. Tra le tante informazioni che le analisi radiografiche effettuate sulle statue hanno permesso di scoprire, ce n’è una che potrebbe lasciare di stucco: i Bronzi di Riace non sono solo di bronzo!
Le ciglia di entrambe le statue sono infatti d’argento, come i denti del Bronzo A, le cornee sono di avorio e calcare mentre le labbra sono di rame: le braccia del Bronzo B, inoltre, erano già state saldate in un lontano passato, in un riuscito intervento di riparazione particolarmente accurato per l’epoca. Terminata la fase di restauro iniziò quella dello studio archeologico: chi rappresentano i Bronzi di Riace?
Ad una simile domanda, la più immediata ed istintiva innanzi ad una statua, è difficile dare un risposta certa e gli studiosi faticano ancora a trovare una posizione unanime: negli ultimi trent’anni sono state formulate svariate ipotesi ed interpretazioni sull’identità dei Bronzi di Riace, tutte molto interessanti ma di difficile verifica. Su un elemento sono però tutti concordi: la magnificenza delle statue, la perizia tecnica, la scelta dei materiali e la posa in cui sono ritratte le due figure colloca i soggetti rappresentati nella ristretta cerchia degli eletti della cultura greca: c’è chi ha ipotizzato fossero grandi atleti, campioni olimpici, eroi, figure mitologiche e addirittura divinità dell’Olimpo.
Una delle ipotesi più recenti li identifica con due eroi di guerra, dei quali le statue non sarebbero altro che raffigurazioni celebrative. Il Bronzo A, detto anche "il giovane", rappresenterebbe quindi Tideo, feroce e valoroso combattente proveniente dall'Etolia, figlio del dio Ares (Marte) e protetto da Atena (Minerva), mentre il bronzo B, detto "il vecchio", raffigurerebbe invece Anfiarao, profeta guerriero.
Secondo i versi di Eschilo, uno dei tre grandi tragediografi greci, Tideo insultò l’indovino Anfiarao che si rifiutava di partecipare alla spedizione contro Tebe, avendone previsto un esito negativo: i due bronzi farebbero pertanto parte di un gruppo statuario che celebrava la leggenda dei “Sette a Tebe”. Molto affascinante anche l’ipotesi che vuole i Bronzi di Riace raffiguranti Polinice (Bronzo A) ed Eteocle (Bronzo B), i leggendari figli del Re Edipo che, da lui maledetti, finirono con l’uccidersi a vicenda per conquistare il trono di Tebe.
Le statue bronzee di Riace hanno altezza (2 metri circa), posa e connotati simili ma non mancano gli elementi di divergenza, tanto che si ritiene vadano attribuite a due differenti artisti ed epoche stilistiche. Oggi gli archeologi sono inclini a datare la statua “A” al 460 a.C., in un’epoca stilistica più rigida ed austera, mentre la statua “B” è fatta risalire a circa 30 anni dopo, al periodo classico, quello in cui la scultura greca raggiunse il massimo splendore con un mirabile equilibrio delle forme.
Ancor più difficile risalire all’identità dello scultore (o, più probabilmente, degli scultori) dei Bronzi di Riace. La mano che l’ha realizzati doveva essere particolarmente abile, vista la grandissima precisione nel rappresentare dettagli anatomici come le vene in rilievo e le fibre muscolari in tensione: ciò ha fatto pensare addirittura ad artisti quali Policleto (celebre per il famoso “Canone”), Fidia o Pitagora di Reggio (omonimo del Filosofo e Matematico).
Un po’ più agevole è invece ipotizzare la loro storia. I Bronzi furono con tutta probabilità realizzati ad Atene e da lì furono rimossi per esser portati a Roma, forse destinati alla casa di qualche ricco patrizio. La nave che trasportava le due statue fece naufragio a poche centinaia di metri dalla costa reggina e il suo prezioso carico finì sommerso dalla sabbia per oltre 2 millenni.
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